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METROPOLIS - VERSIONE GIORGIO MORODER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 24 gennaio 1985
 
di Fritz Lang / Giorgio Moroder, con Brigitte Helm, Alfred Abel, Gustav Fröhlich, Rudolf Klein-Rogge (Germania, 1984)
 
"METROPOLIS è nato dalla mia prima visione dei grattacieli di New York, durante un mio viaggio a Hollywood nel 1924, inviato dall'U. F. A. per studiare i metodi di produzione americani. Faceva un caldo terribile, quell'anno. E vidi New York come il crogiolo di forze umane multiple e confuse, tese in un'ansia perpetua nel loro desiderio inestinguibile di sfruttarsi a vicenda. Passai la giornata intera a camminare per le strade. I palazzi sembravano un immenso velo verticale, leggero e scintillante, una lussuosa tela di fondo sospesa al cielo scuro per stupire, distrarre, ipnotizzare. La notte, la città non si limitava a vivere: viveva, come vivono le illusioni. Sapevo di dover fare un film di queste mie impressioni. Di ritorno a Berlino in piena crisi, Thea von Harbou iniziò la stesura della sceneggiatura. Immaginammo insieme una classe sociale privilegiata la sua vita di ozio in una grande città grazie al lavoro sotterraneo di migliaia di uomini sul punto di rivoltarsi, guidata da una figlia del popolo. Per domare la rivolta, il signore della città chiede agli scienziati di creare un robot ad immagine della ragazza. Ma il robot, Maria, si ribella ai propri creatori, incita i lavoratori a distruggere la Macchina che è al cuore della metropoli, che la controlla e la fa vivere.

Ho spesso dichiarato di non amare Metropolis: perché è impossibile per me oggi, accettare il "messaggio" del film. E un'assurdità, quella di dire che il cuore è l'intermediario fra le braccia e la mente. Cioè, evidentemente, tra l'impiegato e il datore di lavoro, il lavoro e il Capitale. Il problema è sociale, e non morale.

Ci credevo mentre giravo il film, come avrei potuto terminarlo altrimenti? Ma in seguito cominciai a capire che non andava. Ho pensato, ad esempio, che uno dei difetti consisteva nel modo con il quale avevo descritto il lavoro dell'uomo e delle macchine. Ricordate, ad esempio, gli orologi e l'uomo che lavora in armonia con essi? Diventava una parte integrante delle macchine. Compresi che tutto ciò era troppo simbolico, eccessivamente semplicistico nell'evocazione di quelli che si definiscono i guai della meccanizzazione.

I pareri sul film furono discordi. H. G. Wells pensava che fosse il film più stupido che avesse mai visto. Ma Sir Arthur Conan Doyle disse di amarlo più dei suoi sogni più selvaggi... "

Così Fritz Lang, in un'intervista apparsa nel 1966 sui "Cahiers du Cinéma" ricordava Metropolis, una delle sue opere più controverse e più celebri. Quella che indusse Hitler, che l'aveva vista in una sala di un piccolo villaggio di campagna, a spedire Goebbels dal regista per invitarlo a diventare il cineasta ufficiale del regime. Ma Lang, com'è noto, partì per gli Stati Uniti... Fu Luis Bunuel, che allora faceva il critico, a veder subito come stavano le cose. Scrivendo. "Metropolis non è un film unico, ma è come due film incollati assieme per il ventre, con esigenze spirituali differenti, di un estremo antagonismo. Coloro che considerano il cinema alla stregua di un discreto cantastorie saranno delusi. Ciò che ci viene raccontato è triviale, ampolloso, pedante, e di un romanticismo esasperato. Ma se all'aneddoto preleviamo l'aspetto "plastico" del film, allora Metropolis appagherà i vostri desideri, vi meraviglierà come il più meraviglioso dei libri d'immagine".

Tutto ciò ci viene riproposto, sessant'anni dopo, grazie all'iniziativa di un compositore musicale, Giorgio Moroder. Autore di successo di musiche da film (MIDNIGHT EXPRESS, AMERICAN GIGOLO, CAT PEOPLE, SCARFACE e... FLASHDANCE) Moroder ha acquistato i diritti del film, riveduto il montaggio dello stesso (che dagli iniziali 180 minuti era stato ridotto dallo stesso Lang a due ore e mezzo, in seguito dagli americani a due ore, e circola solitamente in questa versione mutilata) aggiungendo certe scene mancanti (ma togliendone anche alcune altre che non quadravano con le proprie intenzioni... ), ha virato in colore le varie parti del film, gli interni seppia, la fabbrica blu, la città bassa in grigio, le allucinazioni in rosso, le parti mistiche in ocra, ecc. ) e ha, ovviamente, musicato nel suo rock new wave il glorioso MetropolIs.

Il risultato era da da prevedere: molti hanno gridato allo scandalo, sostenendo soprattutto che il film muto aveva una musicalità tutta sua, e che Moroder ha forzato i significati del film. Ma il risultato è stato soprattutto un altro: che molti, moltissimi, hanno visto il film. In una copia tecnicamente perfetta ed inedita, tirata da un originale su nitrato conservato alla cineteca di New York e che solo un'operazione del genere poteva finanziare. Moroder sostiene di aver aggiunto il suono che Lang sognava inutilmente di poter usare. Di aver ricomposto l'edizione originale e di aver fatto opera di divulgazione. Sono molte cose, ma delle tre, l'ultima è sicuramente vera. Ed è la più importante. Che lo si voglia o meno, il cinema si proietta oggi in sale destinate alla proiezione di un certo tipo di pellicola. Che non è quella delle cineteche.

La nuova copia di Metropolis è di una qualità sbalorditiva. Accompagnata alla musica di Moroder (che non mi sembra avvilire i ritmi langiani) essa permette proprio di esaltare le parti più straordinarie del capolavoro di Lang. Quel plasticismo di cui parlava Bunuel, quell'uso dello spazio cinematografico, dei movimenti delle masse, dell'invenzione scenografica così intrisa di cultura tedesca, quest'arte, in breve, di far cinema che rende Metropolis, per certi suoi aspetti, di un'attualità imprevedibile.

Certo, rimane l'ingenuità, peggio l'ambiguità, di un discorso ideologico a dir poco confuso. O il finale posticcio, con la celebre stretta di mano fra il padrone e l'operaio, che fortunatamente l'autore ha avuto l'onestà di rinnegare. Ma lo si sapeva da tempo: e il rock di Moroder, che in compenso ha portato i giovani a vedere METROPOLIS, con questo proprio non c'entra.


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